Gennaio 2017
Mauro Loy_analisi di scenario
Il consumatore, principe indiscusso delle politiche della distribuzione e quindi, della produzione, nel pieno della maturità investe il cibo di valori e significati che travalicano gli aspetti sia economici, sia della qualità (percepita). Si parla di cibo intelligente, di quello che appaga i sensi, di quello che attrae la mente…del cibo della misericordia ma alla base di queste definizioni c’è il prodotto, artigianale e non, con un mix di buone pratiche, gusto e tradizione. Ad un particolare segmento, referente all’impresa dell’artigianato del cibo e delle produzioni della terra, si rivolge l’attenzione del mercato dei consumi poiché dà risposta al desiderio del consumatore di assaporare prodotti che oltre al gusto hanno tutte le caratteristiche per preservare il benessere del corpo.
Ed è proprio l’aspetto legato alla salute a guidare le scelte di valutazione e acquisto dei prodotti alimentari: la consacrazione del biologico e l’ingresso di prodotti che aiutano a mantenere un sano stile di vita alimentare - come ad esempio lo zenzero e la quinoa anche se non propri della dieta mediterranea - sono gli elementi che contraddistinguono il nuovo modello di consumo. A questo si aggiunge, l’atteggiamento del consumatore nella lettura dell’etichetta focalizzata oggi sui valori nutrizionali, mentre prima solo sulla scadenza e il peso netto.
Il prodotto di qualità che fa bene alla salute torna quindi, al centro delle logiche di consumo: in via di superamento la fase di esaltazione della cucina, con chef stellati che hanno promosso l’elaborazione” del prodotto spesso tralasciandone le peculiarità, oggi il prodotto nelle sue caratteristiche più intrinseche deve tornare ad occupare un ruolo principe che gli compete. In questo senso è determinante la definizione di una nuova modalità di lettura del prodotto, capace di definire un sistema incentrato sui benefici che questo ha sulla salute in relazione alle sue proprietà distintive.
L’importanza del prodotto e la sua valorizzazione diretta al consumatore passa anche attraverso un accorciamento della filiera in cui attivare collaborazioni tra produzioni di qualità e distribuzione che consentano di realizzare economie di scala e favoriscano la competitività del prodotto, un processo già in essere nella GDO.
Sempre in una logica di valorizzazione del prodotto si osserva come dall’alleanza nella filiera si passa alla contaminazione tra produzione e distribuzione con progetti commerciali in cui il prodotto, unito ad elementi di servizio come la ristorazione, diventa format distributivo (Es. barilla, rana, piacere terra, mercato campagna amica). In questo senso è da sottolineare anche come, essendosi modificate le modalità di acquisto del prodotto alimentare soprattutto quello di qualità, anche nella ristorazione sono diffusi scaffali di vendita del prodotto selezionato dal ristoratore o addirittura del prodotto a proprio marchio. Un’autoregolazione del mercato che sta generando una grande confusione di ruoli tra produzione e distribuzione.
L’elemento dell’attenzione all’artigianalità del prodotto e quindi al suo valore aggiunto è un tema fortemente sentito anche a livello distributivo: il ruolo sempre più determinante della marca privata - che sta velocemente arrivando ad un valore del 40% sulle vendite totali – testimonia l’impegno dei retailer di avvicinare il consumatore giocando sul terreno delle produzioni, soprattutto quelle di eccellenza e delle tradizioni. Qui si apre il confronto sul prodotto di qualità/eccellenza - ovvero quello realizzato dalle aziende artigianali produttrici di cibo - e quella definita dalla GDO come premium price che, nonostante esalti la qualità è pur sempre un prodotto “industriale”.
La marca del distributore e la premium price seguono alcune funzioni:
- produrre una maggiore redditività
- testimoniare il valore etico del distributore
- rivestono un elemento determinante nella fidelizzazione della clientela all’insegna
- consentono importanti azioni promozionali
Negli anni del turbo consumismo in cui si è rafforzata la marca privata e iniziata la corsa della premium price, la GDO era concentrata su una despecializzazione con il trionfo del libero servizio; gli assortimenti avevano visto, soprattutto in alcuni settori, un importante ampliamento delle referenze sospinti da una politica “3x2” che sembrava essere infinita. La crisi del 2008 tuttavia ha restituito un consumatore attento non solo al prezzo e all’aspetto quantitativo del prodotto, ma anche a quello qualitativo. Questo si è tradotto in una distribuzione che ha dato una maggiore attenzione all’area dei freschi, alle lavorazioni in store, alla gastronomia servita e a tutti i servizi connessi obbligando anche chi nel 1993 aveva iniziato un percorso di distribuzione - con assortimenti corti e prezzi convenienti - (il discount) a rivedere le proprie posizioni.
Le esigenze di servizio ricercate dal consumatore (comodità della spesa, rapidità, orari, etc..) hanno velocemente identificato nuove soluzioni distributive in cui anche le più piccole realtà – sia produttive, sia distributive - possono trovare nuovi spazi di crescita. All’interno del vicinato globale di internet le micro imprese messe a sistema, in cui condividono politiche di offerta, logistica e comunicazione hanno a disposizione un canale facilmente accessibile e capace di raggiungere un’ampia utenza. Le esperienze americane ed inglesi, ma anche quelle italiane stanno testimoniando la rapida crescita delle vendite di prodotto alimentare online - sia nella formule dirette, sia in quelle di disintermediazione -che nell’arco di un decennio fanno presagire il raggiungimento di una quota del 10% della distribuzione alimentare.
Parlare di servizio di vicinato, professionalità artigianale e rapporto fiduciario con il consumatore non si può prescindere dall’analizzare il piccolo commercio su strada e i mercati rionali che hanno insiti tutti gli elementi che la GDO tenta di ricalcare.
Nei mercati rionali gli orari, gli assortimenti e i servizi erano definiti su determinati stili di vita e su una composizione “tradizionale” della famiglia che oggi sono ampiamente superati; i mercati stanno ricercando una nuova funzionalità per superare quel processo di autoregolazione spontaneo scevro da logiche di sistema avviatosi da tempo ma che sta deteriorando i plus della loro identità.
Se si analizza - a parità di metratura e di offerta - un mercato rionale e un ipermercato secondo criteri di assortimento, logistica, servizi e comunicazione si osserva la forte differenza tra ciò che è attrazione e ciò che potrebbe essere attrazione di vicinato, sfruttando la rendita di posizione. E se il mercato rionale esprime il 25-30% del fatturato di un ipermercato, si osserva l’ampio perimetro di azione in cui i mercati possono agire se incanalati in un progetto di sistema e di servizi attualizzati alle esigenze dei consumatore.
La riorganizzazione dei mercati, deve poter sfruttare l’esperienza fatta dai gruppi di acquisto dei piccoli dettaglianti o dei consumatori che oggi hanno definito un sistema virtuoso e, nel caso dei dettaglianti associati, sono diventati a pieno titolo imprenditori riuscendo insieme a far crescere l’insegna che oggi è il secondo retailer italiano e velocemente raggiungerà il primato.
Se in principio l’esperienza del dettaglio tradizionale è stata riportata in contesti più ampi come quelli della distribuzione organizzata, in cui sono stati sviluppati i reparti specializzati grazie alla professionalità degli operatori o strutturati gli ambienti piazza o ancora, modificati i layout avviando un percorso di specializzazione dei display, oggi può essere avviata un osmosi inversa a vantaggio del dettaglio tradizionale in un sistema “mercato” che possa emergere senza cedere il passo a iniziative singole che si sono appropriate di concetti e della cultura tipica dei mercati.
Il progetto di ammodernamento passa attraverso:
- completezza dell’assortimento: differenziare l’assortimento adottando logiche di specializzazione e ampliando l’area dedicata all’artigianato e agli specializzati.
- comunicazione e fidelizzazione: partendo dalla definizione di un codice di comunicazione univoco, a un piano di offerte collettive, alla definizione di strumenti di fidelizzazione che permettono di conoscere il consumatore e strutturare un rapporto continuativo.
- interventi di logistica, Ripensare la figura del grossista nella selezione dei prodotti e quindi, nella capacità di proporre agli operatori opportunità di differenzazione; Centralizzazione degli acquisti e nuove modalità di consegna (magazzini in transito).
I mercati quindi, hanno bisogno di organizzare un’offerta complessiva che sia più omogenea, impattante e sostenuta da politiche di comunicazione, fidelizzazione e di proposte commerciali che non tocchino le singole professionalità ma che consentano al consumatore di trovare un’offerta armonizzata, completa, conveniente e rispondente ai propri desiderata.