ottobre 2013
Il paradosso enogastronomico italiano: grandi produttori, poco esportatori
L’Italia, con 256 prodotti tra Dop, Igp e Stg, è leader europeo nelle produzioni enogastronomiche di qualità. L’Italia, nel 2013, è leader mondiale nella produzione di vino (44 milioni di ettolitri). Quella stessa Italia è il sesto Paese al mondo per esportazioni di prodotto alimentare non trasformato, battuta, tra gli altri, da Germania e Francia. È questo il paradosso secondo l’ideatore di Big&Small e marketing manager di Methos, Mauro Loy.
«L’Italia del “buono e fatto” amato e ricercato in tutto il mondo – spiega Loy -, ancora oggi, non riesce a imporsi come leader indiscusso dei mercati globali. E se, a monte della filiera, ci sono le oltre 64mila piccole e medie imprese che fanno del “produrre” una questione di “sicurezza e qualità” e che sono oggi obbligate a rivolgersi ai mercati esteri, dove la domanda di made in Italy è più animata rispetto a quella interna, a valle si colloca invece una distribuzione che, nonostante i grandi sforzi per essere “vicina” alle imprese e ai consumatori, non riesce ad andare oltre i confini nazionali».
Una fotografia, questa del disallineamento della filiera del made in Italy all’andamento dei mercati globali, che impone l’adozione di diverse modalità di ingaggio e, soprattutto, di formule distributive più “vicine” al nuovo consumatore-internauta.
«È da monito, per il rinnovamento della distribuzione del prodotto enogastronomico italiano – continua Loy -, l’esperienza francese che esporta, attraverso la GDO di bandiera, il prodotto tipico nei mercati globali: il formaggio francese è arrivato così sulle tavole dei consumatori cinesi. È da monito, ancora, il successo planetario della catena “Eataly” che ha trovato nella ristorazione la chiave per veicolare il prodotto italiano. A tutto questo si aggiunge la riflessione sul mercato “virtuale” di internet, dove le parole legate al cibo italiano sono digitate oltre 2 milioni di volte al mese su scala mondiale, e su come le PMI italiane ancora oggi non riescono a intercettare quello che fino a qualche anno fa era solo un buco nel mercato.
Il futuro del made in Italy – conclude quindi il patron di Big&Small, anticipando il tema fondante di “Italia’s food talent” – passa, quindi, per la ristrutturazione delle filiere in atto, da comprendere e dominare per trovare nuovi spazi di mercato e soprattutto per dare nuova enfasi alle imprese e all’economia del Belpaese».